Digital Mindset, curiosità, followership, autenticità e consapevolezza emotiva sono le soft skills necessarie ai Millennials per entrare con successo nel mondo del lavoro: l’ha ricordato Dario Bussolin, Training and Development Manager di BeInValYou - Business Line di Aegis Human Consulting Group - nella puntata precedente della rubrica #ParolaAgliAssociati.
Ma quali sono le professioni più ricercate dai Millennials? Quali le modalità di social recruiting? E quali nuove frontiere per il mondo HR? A risponderci questa volta è Andrea Marchesini, Head of International Development & Marketing di Aegis Human Consulting Group.
I Millennials, forza lavoro al centro di sempre più diffuse strategie di employer branding, vanno alla ricerca di nuove professioni immerse nella sfera della Digital Trasformation e della CSR (responsabilità sociale d'impresa). I social, poi, hanno un ruolo sempre più strategico nella selezione dei candidati e, in più, all'orizzonte cominciano ad affacciarsi nuove frontiere del mondo HR: fresche tematiche che noi di Enjoy Your Learning non potevamo non trattare!
1. Quali sono i settori in crescita e quali le professioni più ricercate dai Millennials?
Le professioni che stanno vivendo un periodo d’oro sono sicuramente quelle relative al Digital, quali Data scientist, IoT, Business Intelligence, e quelle legate all’Information Technology, ovvero le figure che si occupano dello sviluppo di piattaforme tecnologiche e soluzioni digitali, complice anche il vero e proprio boom che questi settori stanno vivendo in questi ultimi anni. Un discorso a parte meritano invece i cosiddetti green jobs, ovvero tutti quei ruoli che hanno a che fare con la sostenibilità ambientale e che si muovono trasversalmente tra i settori che già conosciamo supportando le aziende nella transizione verso un modello di sviluppo realmente sostenibile. Questo tipo di professioni, oltre a essere molto richieste dal mercato del lavoro, abbracciano la volontà dei Millennials di interfacciarsi con aziende più etiche e di contribuire in prima persona ai temi della CSR, motivo per cui negli ultimi anni sono aumentati i Corsi di Laurea dedicati e si è assistito a una crescita dei ragazzi che si specializzano in questo ambito.
2. Si sente parlare di selezione ai tempi dei social: le aziende selezionano i candidati anche attraverso i social, una modalità che accelera i tempi e riduce i confini… condivide il social recruiting?
Per quanto non sia del tutto sicuro che accelerare i tempi sia sempre un bene, sono sicuramente favorevole al fatto che le aziende sviluppino un employer branding sui social network e si avvalgano di questi canali per diffondere non solo i loro servizi ma anche valori e temi rilevanti. Per quanto riguarda il recruiting, i social al giorno d’oggi sono sicuramente un canale importante dove raggiungere potenziali candidati interessanti ad esempio condividendo la posizione ricercata, ma trovo che questa attività non possa però perdere completamente l’elemento umano: i social sono principalmente canali di comunicazione mentre l’attività di selezione delle persone non può prescindere da elementi tecnici e intangibili, difficili da veicolare e valutare solo attraverso di essi.
3. I canali social hanno un peso sempre più rilevante per il mondo HR: quanto è necessario, quindi, investire sul proprio personal branding online e sui social network?
Non si può negare che tra i biglietti da visita del potenziale candidato non ci sia solo il CV, ma anche i social rivestano un ruolo importante per fornire una visione più ampia del candidato. Al giorno d’oggi quindi è necessario investire una porzione sempre maggiore del proprio tempo su queste piattaforme, andando a identificare quelle più corrette a seconda ad esempio della nazione (es: preferire Xing a Linkedin se cerchiamo lavoro in Germania) o della professione ricercata (es: Behance per i lavori creativi dove è fondamentale avere a portata di mano il proprio portfolio).
4. Quanto influiscono i canali social nei processi di selezione e quali accorgimenti seguire? Come si può migliorare il proprio personal branding?
Vista l’importanza innegabile che i canali social ormai rivestono nei processi di selezione, quello che noi consigliamo sempre è di utilizzare i propri profili come strumento di comunicazione, e non solo per fare ricerca attiva di lavoro. Ad esempio, il focus maggiore dev’essere sulle soft skills e ciò che si posta e condivide deve aiutare a comunicare più queste ultime che non le esperienza di lavoro, già raccolte all’interno del proprio CV. Un altro consiglio da non sottovalutare è quello di mostrarsi attivi, commentando e condividendo post interessanti e in linea con i propri interessi, puntando non tanto a farsi vedere quanto più a fare engagement.
5. Quali sono le nuove frontiere del recruiting? Si può parlare di nuove forme e modalità di recruiting, sostenute dall’innovazione tecnologica, app e/o nuove start-up?
Sicuramente tra le nuove frontiere del recruiting c’è l’implementazione di algoritmi di machine learning che aiutino le grandi aziende e gli headhunter a screenare meglio i CV che ricevono, ottimizzando di conseguenza i tempi dedicati alla ricerca delle nuove figure.
Allo stesso tempo sempre più si va verso una minor importanza della presenza fisica durante il colloquio, perché l’innovazione tecnologica aiuta sia i candidati a non dover più assicurare la propria presenza di persona, sia gli headhunter a gestire ricerche internazionali senza doversi spostare fisicamente di continuo. Questo modo di lavorare è già realtà in un contesto dinamico come quello europeo e londinese, mentre in Italia per quanto venga utilizzato si tende ancora a preferire il confronto faccia a faccia con i candidati: più miglioreranno e nasceranno nuove tecnologie, minore sarà la differenza tra i due metodi, e andremo verso una netta prevalenza dei colloqui a distanza.
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