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Quali sono le competenze richieste per entrare nel mondo del lavoro e quali soft skills sono necessarie per affrontare con successo un colloquio di lavoro? L’abbiamo chiesto a Dario Bussolin, Training and Development Manager di BeInValYou, Business Line di Aegis Human Consulting Group specializzata nella valutazione, formazione e valorizzazione del patrimonio professionale aziendale.

Esperienza, trasparenza e racconto di sé possono essere considerate le tre parole chiave per entrare con successo nel mondo del lavoro: l'ha ricordato Francesco Cameroni, Senior Partner presso Aegis Human Consulting Group - nata come società specializzata nella Ricerca e Selezione di professionisti e manager nel campo dei servizi finanziari e oggi attiva in diversi settori – nella puntata precedente della rubrica #ParolaAgliAssociati.

In un’epoca segnata da grandi cambiamenti - in primis quello della trasformazione digitale - quali sono, invece, le competenze richieste per entrare nel mondo del lavoro e di quali soft skills dovrebbe armarsi un giovane Millennials o Z per affrontare con successo un colloquio di lavoro? Lo abbiamo chiesto a Dario Bussolin, Training and Development Manager di BeInValYou, Business Line di Aegis Human Consulting Group specializzata nella valutazione, formazione e valorizzazione del patrimonio professionale aziendale

 

Nella società in cui viviamo, attenta alle innovazioni e sempre più orientata al digitale, quali sono, oggi, le competenze più richieste dalle aziende? Come riconoscerle e allenarle al meglio?

 

In uno scenario socio-organizzativo permeato dalla tecnologia e dalle trasformazioni digitali, il ritmo con cui si manifestano i cambiamenti è sempre più frenetico; diventa quindi difficile scommettere su una serie di capacità senza prima aver ragionato su una mentalità a priori basata sull’impostare in maniera sistematica un percorso di formazione continua, un’abitudine a non considerarsi mai “arrivato” rispetto al proprio bagaglio culturale e professionale.


Bisogna quindi in primis allenarsi a sviluppare un vero e proprio “mindset”, un’abitudine che spinge con curiosità a mantenere vivo il proprio bagaglio di competenze professionali per non rischiare di rimanere indietro con le richieste del mercato del lavoro. Purtroppo – o per fortuna! – i ritmi con cui cambiano i diversi business, le organizzazioni e le professionalità richieste, ci impongono di mettere in discussione il percorso evolutivo classico di un professionista, per cui esiste solitamente prima una fase di studio e poi una fase di ingresso nel mondo del lavoro. Una volta entrati, l’operatività, i ritmi frenetici e le responsabilità legate a specifici ruoli ci fanno letteralmente abbassare la testa e rispondere ai continui problemi in maniera poco progettuale e costruttiva, attivando una sorta di pilota automatico e facendoci dimenticare di riflettere sul nostro operato senza evidenziare possibili aspetti da modificare, migliorare o cambiare. 

 

Se dovessi consigliare le competenze che ogni giovane dovrebbe sviluppare per affrontare un colloquio di lavoro, quali indicheresti?

 

Oltre alle più note soft skills come problem solving e comunicazione efficace, che devono essere indicate nel CV a patto che ci sia consapevolezza e si padroneggi realmente un’argomentazione legata a esempi reali, per affrontare un colloquio di lavoro e una prima fase di inserimento in azienda consiglio di concentrarsi sull’allenamento di tre particolari soft skills che permettono la costruzione del mindset sopra citato. La prima è sicuramente la Curiosità, intesa come la capacità di ampliare la visione dei temi di cui ci si occupa, considerando sempre aperta la porta del cambiamento e innovazione. Può sembrare il solito consiglio banale, ma riuscire in un colloquio attraverso l’esposizione di esperienze, momenti di approfondimento e commitment personale rispetto a hobby, interessi, passioni o professioni, al giorno d’oggi può fare la differenza. In un’era dove è sempre più diffuso lo stereotipo del giovane multitasking e superficiale, non basta più dimostrare di sapere o saper fare qualcosa, ma puntare sul veicolare un’attitudine all’ingaggio e all’approfondimento continuo rispetto alle conoscenze che possono essere messe in gioco. 

 

Un’altra capacità poco conosciuta ma fondamentale al giorno d’oggi è quella della Followership. Questo tema punta sulla valorizzazione dei collaboratori, intesi come professionisti capaci di sposare un progetto comune dell’azienda e viverlo come se fosse il proprio. Portatori quindi di contributi critici e costruttivi, senza remore o chiusure legate al potere, i follower efficaci si distinguono per il forte spirito di squadra e responsabilizzazione rispetto al proprio ruolo. Da sempre poco studiato per lasciar spazio al mondo della leadership, il tema della Followership è oggi sempre più importante vista la necessità delle aziende di assumere persone responsabili della propria attività, ingaggiate e capaci di seguire progetti condotti da altri. L’individualismo e la gerarchia prescrittiva stanno lasciando il posto sempre più a una leadership diffusa e condivisa, dove tutti si sentano importanti e ingaggiati nel perseguire un obiettivo comune. 

 

La terza e ultima capacità consigliata è quella della gestione della propria competenza emotiva, vissuta come valore strategico per le persone e per l’azienda. Anche se nel mondo organizzativo il tema delle emozioni è oggetto di discussione, si riscontra ancora una difficoltà nel capire come questo aspetto possa essere padroneggiato e gestito in maniera professionale. Il primo passo è sicuramente quello di saper riconoscere le proprie e altrui emozioni, costruendo così un percorso di autoconsapevolezza che passi da una condivisione di un dizionario emotivo approfondito. Spesso infatti il primo ostacolo è quello di non conoscere ciò che stiamo provando, senza essere capaci di dargli un nome, o attribuendogli un nome diverso e poco coerente alla sensazione provata. Un secondo passo consiste nel riuscire a gestire il proprio stato emotivo, senza lasciarsi sopraffare o esageratamente coinvolgere da esso. Mettere in gioco le emozioni non significa dare sfogo a tutto ciò che proviamo, ma avere la capacità di padroneggiarle in maniera costruttiva, sfruttando l’energia comunicativa che le caratterizza. Un terzo fondamentale passo è quello di gestire queste competenze in relazione con gli altri. Costruire un rapporto con i propri colleghi basato non solo su aspetti razionali, ma anche e soprattutto mettendo in gioco relazioni emotive nella modalità descritta sopra, garantisce il continuo evolversi di una cultura basata sull’engagement, la collaborazione e il senso di appartenenza a un team. 


Il tema è molto vasto e apre tante porte di discussione; in questo spazio mi sono concentrato sul delineare quali tra le numerose soft skills possono aiutare un giovane a iniziare il proprio percorso professionale tenendo sempre come bussola l’accrescere della propria unicità all’interno di un mercato del lavoro sempre più competitivo. In un mondo fatto di CV, LinkedIn e colloqui di selezione, puntare sulla propria autenticità, riuscendo a individuare una propria passione professionale, guidata da curiosità, voglia di mettersi in gioco e consapevolezza emotiva, può essere la carta vincente!

 

Pronti quindi a scoprire le vostre soft skills e a conoscervi meglio prima di affrontare un colloquio di lavoro? Fate tesoro di questi consigli e...stay tuned on EYL per i prossimi appuntamenti con la rubrica #Parolaagliassociati!


EYL
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EYL

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