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Descrivono il mondo del lavoro come un mare pieno di squali. Chi? Beh, un po’ tutti. Basta aprire un qualsiasi giornale una volta ogni tre giorni per leggere di percentuali di disoccupazioneaziende in chiusura e competizione alle stelle. Basta parlare, inoltre, con qualche coetaneo per sentire storie surreali di mala imprenditorialità e dell’altrettanto malevola situazione economica dopo la fine dell’università.

Insomma, alle volte sembra tutto nero. Ma ragionare per assoluti non è nel nostro stile. Siamo convinti, infatti, che l’ottimismo non sia solo vedere il bicchiere mezzo pieno, bensì continuare a riempirlo proprio quando la situazione sembra critica. Prendiamo i Millennials, per esempio. La generazione dei tre niente, cresciuta tra la caduta delle Torri Gemelle e la diffusione dell’Aids, abituata ad avere caterve di "mi piace" sotto foto di panini o banali profili semi autoriali, un disastro di accidia, autoreferenzialità e apatia, proprio loro risultano i più volenterosi su piazza. Guarda un po’.

E hanno le idee chiare. In uno scenario così tragicomicamente disturbato, cosa cerca il Millennial medio dal suo posto di lavoro? Cosa guarda con attenzione certosina? Secondo un report di Gallup intitolato "Come i Millennials vogliono lavorare e vivere", gli esponenti della Generazione Y saltano di lavoro in lavoro molto più facilmente di qualsiasi altra generazione. Soffrono di frenesia lavorativa, s’impegnano nella ricerca della mansione perfetta. 


I criteri di ricerca ritenuti molto importanti sono:

  • Opportunità di crescita e apprendimento;
  • Qualità del manager e del management;
  • Interesse all’attività lavorativa.

Di medio interesse, invece:

  • Stabilità dell'impiego;
  • Stipendio.

Quasi ignorate nella ricerca, infine:

  • Un’organizzazione che incoraggi la creatività;
  • Lavorare in un ambiente divertente;
  • Lavorare in un ambiente informale.

Un’altra indagine condotta da PWC, che ha coinvolto 44mila Millennials, sottolinea quanto non sia una questione di pigrizia, ma di creare una realtà su misura e avere un datore di lavoro in grado di valorizzarla. Come? Senza tenere un giovane lavoratore arpionato a una scrivania 40 o più ore la settimana. Il 77 percento, infatti, ritiene che il lavoro flessibile renda più produttivi. L’84 percento, però, è sempre connesso e continua a controllare le e-mail di lavoro anche da casa: flessibilità non significa battere la fiacca.

Quindi: meno tavoli da ping pong, e più certezza di crescere. I millennials non vogliono divertirsi: vogliono imparare


EYL
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